VA BENE LAUREARSI E DOPO?

INTRODUZIONE

Quando un giovane, con grandi sacrifici suoi e dei famigliari, riesce a laurearsi cosa deve fare poi per intraprendere l’attività sognata?Intanto deve cominciare a fare qualcosa, perché non è ammissibile che, una volta finita l’università, passi intere giornate a trastullarsi con il nulla. Potrebbe, per cominciare, godersi un viaggio premio per festeggiare la laurea. E dopo?
Potrebbe accettare dei lavori saltuari, come ad esempio, nel periodo estivo, proporsi come animatore o altro nelle strutture turistiche o come personale di aiuto in alberghi, pizzerie ristoranti ecc.
Ma non è tempo sprecato per il suo futuro?
Passare un lungo periodo senza far nulla potrebbe essere dannoso. La mente, interrompendo la sua attività di apprendimento, perderebbe la capacità di memorizzare e di soddisfare le proprie curiosità, com’era abituata a fare.
Sarebbe auspicabile entrare in uno studio privato, anche senza retribuzione, per fare pratica in attività che abbiano attinenza con i suoi studi ed il suo futuro. Bisogna ammettere che talvolta il famoso pezzo di carta (la sudata laurea) assuma persino un aspetto negativo, perché non assicura l’accesso diretto all’attività lavorativa. Al contrario induce il potenziale datore di lavoro a ritenere che il giovane non abbia alcuna predisposizione ad accettare lavori “umili”, al punto da non prendere nemmeno in considerazione la domanda di assunzione di un laureato.


LA RICHIESTA DI LAVORO

Mario, il protagonista del racconto, neo laureato in ingegneria idraulica, aveva ben altre convinzioni. Lui si sarebbe adattato molto volentieri ad eseguire anche lavori manuali, purché inerenti alla sua specializzazione.
Quando presentò la domanda ad una società che gestiva il locale acquedotto, dichiarò la sua disponibilità a svolgere anche mansioni modeste. La ditta, nonostante non avesse bisogno di assumere, essendo il personale tecnico già al completo, recepito l’entusiasmo del giovane, accettò di impiegarlo in piccoli lavori di ufficio come disegnatore e aiuto del personale in servizio nella gestione dell’acquedotto. Mario, dopo il periodo iniziale di lavoro poco impegnativo, ma comunque svolto con diligente solerzia, chiese ed ottenne il consenso a conoscere più a fondo il funzionamento dell’acquedotto. Dichiarò che gli interessava per sua cultura personale e che avrebbe studiato fuori dell’orario di lavoro. Infatti, tutte le sere, trascorso l’orario normale, si fermò in sede e consultò tutta la documentazione tecnica esistente, che nessuno guardava da anni e anni.
Effettivamente, la gestione dell’acquedotto andava avanti, si può dire, per forza d’inerzia, dovuta alla ripetitività delle attività: erano sempre le stesse, quelle stabilite all’epoca dell’avvio degli impianti e proseguita attraverso i decenni senza eccessivi problemi. Mario conobbe le varie componenti del sistema di distribuzione dell’acqua potabile a partire dalle fonti, site a una ventina di chilometri dalla sede, fino all’arrivo dell’acqua nel serbatoio posto alla periferia della città e quindi le caratteristiche delle apparecchiature di controllo e di potabilizzazione. Finito di studiare tutto quel che riguardava il trasferimento primario delle acque, passò all’esame della centrale di pompaggio, necessaria per immettere l’acqua nelle tubazioni e quindi alla rete secondaria, quella di distribuzione che l’avrebbe fatta arrivare a tutte le utenze, comprese quelle situate alle quote più elevate.
Dall’esame di un acquedotto realmente esistente e non in maniera teorica come accadeva all’università, cominciò ad entusiasmarsi alla tecnica acquedottistica. La splendida storia del servizio, conosciuta con l’attenta lettura dei documenti, ebbe il potere di affascinarlo. Sospinto dall’entusiasmo, chiese di poter completare la conoscenza entrando nei dettagli del funzionamento delle varie strutture meccaniche, come ad esempio le pompe. In questa sua richiesta Mario pose tanto ardore, da meravigliare la direzione, perché all’interno della società mai nessuno aveva manifestato tanto interesse. L’acquedotto, da quando era stato costruito e consegnato per la gestione, aveva sempre funzionato a dovere e nessuno si era mai preoccupato di capirne così a fondo le caratteristiche. Questo giovane manifestava un tale e appassionato interesse, da indurre la direzione a lasciarlo fare, anzi gli misero a disposizione del personale di servizio al quale Mario poteva chiedere tutte le delucidazioni del caso.
Per Mario cominciò un periodo meraviglioso. Conosciute le leggi che regolavano la realtà dell’acquedotto, ad ogni problema, pur già risolto, cercava su internet eventuali soluzioni tecniche più recenti, atte a migliorare l’esercizio e molto spesso, egli stesso proponeva delle alternative che, a suo dire, offrivano grandi vantaggi. Nel frattempo, svolgeva lavori in ufficio come la battitura di lettere, di relazioni riguardanti l’esercizio corrente, gli aggiornamenti nelle mappe della rete e degli impianti. Per questa attività gli fu riconosciuto un primo stipendio piuttosto modesto.

LA PROFONDA CONOSCENZA DEL SISTEMA

Impiegò un intero anno per vagliare, accertare e apprendere dal personale il significato di certe manovre e capire i risultati che si ottenevano. Cercava nuove soluzioni, leggendo pubblicazioni specializzate per escogitare vantaggiose varianti. Così facendo, aveva stabilito che l’acquedotto era stato costruito, giustamente, con le tecniche dei tempi passati, mentre allora era possibile applicare in vari settori delle nuove modalità, peraltro già adottate in altre realtà simili. Queste constatazioni lo spingevano a sperimentarne la loro applicabilità, anche nel sistema acquedottistico che aveva sottomano. Bisogna dire che le prove delle nuove applicazioni offrivano spesso dei risultati eccellenti. È inutile descrivere ora tutte le varianti trovate da MarioMi limiterò a spiegarne una.
Mario, come molti giovani amanti della vita, osservava la natura e notava con particolare disappunto i terribili danni che l’industria e le svariate attività dell’uomo avevano provocato all’ambiente. Tra di esse, una lo riguardava da vicino perché era proprio il prelievo dell’acqua potabile dal sottosuolo. Di questo si sentiva un po’ responsabile perciò poteva, sia pure parzialmente, tentare di porvi rimedio.
Infatti, dopo accurate ricerche, constatò che l’attuale esercizio dell’acquedotto non si preoccupava di risparmiare il prezioso liquido, perché il funzionamento del serbatoio di arrivo dell’acqua proveniente dalle fonti e la sua regolazione durante la giornata, potevano essere migliorati. In pratica, quando il serbatoio si riempiva fino al massimo livello, il sistema provvedeva a fermare le pompe delle fonti per rimetterle in moto appena il livello cominciava a scendere. Il metodo, chiamato regolazione al massimo livello, tutte le volte che i consumi dell’utenza erano inferiori alla producibilità delle fonti, e ciò accadeva per la stragrande maggioranza dei giorni dell’anno, provvedeva ad attivare le pompe per tornare a riempirlo. In questo modo il serbatoio rimaneva quasi sempre pieno il che, se da una parte tranquillizzava la gestione del sistema che si sentiva sicura di poter far fronte ad eventuali problemi imprevisti come guasti alle condotte o picchi di consumi eccezionali, dall’altra parte non tranquillizzava affatto il giovane ingegnere che, sulla base delle nozioni sostenute dalla più recente letteratura tecnica, considerava l’attuale sistema obsoleto, poiché finiva per annullare l’efficacia del serbatoio. Infatti, il nuovo sistema era già stato adottato in altri acquedotti.
Secondo lui, il serbatoio si sarebbe dovuto riempire durante la notte per riuscire a soddisfare il picco di consumo della mattina. Per modificare il funzionamento non erano necessari lavori costosi, bastava semplicemente inserire una scheda elettronica opportunamente programmata che avrebbe governato diversamente il funzionamento delle pompe.
Conoscendo i dati di funzionamento, le caratteristiche del serbatoio e i consumi dell’utenza, riuscì a fare una simulazione teorica di esercizio del sistema in una giornata di consumi medio bassi. Il confronto dell’attuale sistema di riempimento del serbatoio con il suo detto a livelli regolati ora per ora, evidenziò un minor sfruttamento delle fonti perché non occorreva più prelevare acqua in continuazione per tenere il serbatoio sempre pieno. Con il vecchio sistema, di giorno, quando gli utenti consumavano più acqua, le pompe dovevano lavorare al massimo, mentre di notte, quando il consumo è pressoché nullo, il loro lavoro tendeva ad azzerarsi. Dal confronto tra i due sistemi e dai conteggi teorici risultò un consumo di acqua sensibilmente minore, a cui si doveva aggiungere un buon risparmio sulla bolletta elettrica, perché nelle ore notturne l’energia elettrica costa molto meno ed allo stesso tempo la pompa funzionava con portate inferiori in quanto erano escluse quelle di punta.
Elaborò vari esempi, simulò i casi più diversi e, adottando il nuovo metodo, trovò sempre ampia conferma: il suo sistema era molto vantaggioso.

UN NUOVO METODO DI INTERPRETARE E CORREGGERE

A questo punto Mario chiese di poter illustrare la sua proposta ai tecnici che seguivano il funzionamento delle apparecchiature idrauliche e agli amministrativi che ne curavano l’aspetto economico. La direzione accettò e organizzò una piccola riunione che, secondo il direttore, aveva due scopi: verificare il comportamento del nuovo ingegnere e stabilire se le teorie e le modifiche propugnate dal lui erano fondate e avrebbero procurato davvero concreti vantaggi.
Mario, soddisfatto, presentò la sua idea con la proiezione di presentazioni informatiche che illustravano gli studi eseguiti con grafici sia del funzionamento attuale, sia di quello dopo le modifiche proposte. Dopo la spiegazione, Mario precisò che gli interventi non avrebbero richiesto lavori particolari, né opere costose, ma soltanto l’installazione di una scheda elettronica programmata che avrebbe regolato diversamente, durante la giornata, il livello del serbatoio. Chiese, infine, di poterlo verificare nella gestione reale e farlo funzionare per qualche mese per controllare i risultati, facendo presente che non si sarebbe trattato di un intervento definitivo, ma solo di una prova e che, una volta trascorso tale periodo, si poteva tranquillamente tornare alla vecchia teoria del serbatoio funzionante al massimo livello.
Quando Mario terminò la presentazione, la direzione chiese al personale di gestione se avesse capito il problema e cosa ne pensasse. Il geometra anziano prese la parola e dichiarò di avere capito che in sostanza si trattava soltanto di un diverso uso del serbatoio. Il sistema, in atto da decine di anni, consisteva nel tenere il serbatoio pieno 24 ore al giorno, mentre la nuova proposta era di riempirlo di notte e svuotarlo di giorno. Si trattava di due gestioni del servizio completamente diverse, delle quali quella in atto offriva la massima tranquillità, mentre quella innovativa offriva solo un certo risparmio sui costi di esercizio. La decisione dipendeva dalla reale consistenza del beneficio economico, perché se fosse stato sostanzioso sarebbe valsa la pena di adottarla, però ponendo la massima attenzione al rischio inerente al fatto che il serbatoio di giorno è pressoché vuoto.
Un operaio anziano, che da anni seguiva il funzionamento degli impianti della centrale di pompaggio in rete, dichiarò che si era sempre sentito rassicurato dal fatto di avere il serbatoio costantemente pieno e non riusciva ad immaginare una gestione con il serbatoio tutti i pomeriggi quasi vuoto.
Mario ammise la fondatezza delle osservazioni fatte. La convenienza del nuovo sistema deve essere provata nella pratica, facendo funzionare per qualche mese l’impianto con il nuovo regime, analizzando poi tutte le differenze.
Poi spiegò che un altro vantaggio importante riguardava un dettaglio finora trascurato che era quello del risparmio delle acque potabili. Potrebbe rivelarsi molto più utile in un prossimo futuro, soprattutto d’estate, quando già ora i periodi di siccità erano frequenti e le portate delle fonti diminuivano drasticamente. Si trattava quindi di un sistema che preveniva anche tali eventualità, a tutti ben note, perché ricorrenti già da tempo.
Il metodo, se applicato in larga scala, consente una notevole economia di acqua perché il sistema innovativo prevede uno sfruttamento delle fonti superiore durante la notte anziché di giorno il che costituisce un provvedimento molto importante, perché l’approvvigionamento di acqua potabile, con il passare degli anni, diventerà un problema sempre più grave.
Per quanto riguarda la tranquillità di esercizio affermò che far affidamento sul rifornimento di acqua potabile di riserva contenuta nel serbatoio, costituisce una sicurezza relativa perché si trattava comunque di un invaso di modeste dimensioni che, anche se pieno, sarebbe stato in grado di alimentare la rete solo per poche ore. A suo avviso la vera tranquillità di esercizio doveva basarsi su altri elementi come l’interscambio tra acquedotti viciniori, soluzione, questa, in via di attuazione in molti acquedotti italiani. La sicurezza deve derivare dalla presenza di molti altri elementi di garanzia, come le doppie condotte di adduzione, le doppie apparecchiature principali, ecc.

LA SPERIMENTAZIONE ED I RISULTATI

La riunione venne chiusa con i ringraziamenti rivolti a Mario, l’autore della modifica.
In breve, si provvide ad inserire la scheda elettronica programmata ad hoc, in sostituzione dei galleggianti che fermavano le pompe delle fonti a serbatoio pieno. Da quel momento le pompe vennero attivate ora per ora fino a raggiungere i livelli prefissati, prevedendo lo svuotamento a partire dal mattino quando i consumi dell’utenza sono massimi per finire alla sera secondo quel gradiente che sarebbe stato meglio determinato in sede di esercizio. Il riempimento del serbatoio avrà luogo durante la notte, pure questo secondo un gradiente definito durante l’esercizio sperimentale.
Il sistema, con grande soddisfazione di Mario che si vedeva appagato per gli studi fatti, diede buoni risultati. Fin da principio si constatò che il lavoro delle pompe delle fonti era minore in una percentuale abbastanza elevata, da giustificare da sola il lavoro fatto. Ma il risultato che più lo gratificò fu quello riguardante l’utilizzo delle acque. L’esercizio dimostrò che il prelievo dell’intero periodo di 24 ore alle fonti avveniva per una portata corrispondente al consumo medio giornaliero. Questo risultato, rispetto a quello precedente che si basava su un forte prelievo giornaliero a fronte di quello notturno quasi nullo, costituiva una grande risorsa che si dimostrerà utilissima soprattutto d’estate perché costituisce il migliore modo per ottenere la massima produttività dalle fonti e che rispettava perfettamente il seguente principio: Dalle sorgenti, dai pozzi e dalle risorgive evitare di fare prelievi variabili nel tempo; è invece essenziale prelevarvi una portata media continua e stabile per tutte le 24 ore della giornata tipo.
È superfluo descrivere la soddisfazione della direzione e del personale dell’acquedotto.

NO AL LAVORO DIPENDENTE MA APERTURA DI UNO STUDIO DI IDRAULICA APPLICATA

Il direttore propose a Mario di promuoverlo ingegnere capo dell’importante settore tecnico, ma Mario, ringraziandolo, si riservò di dare una risposta definitiva più avanti, anticipando che l’esperienza fatta che gli aveva dato molta soddisfazione e che aveva maturato l’intenzione di approfondire l’argomento, interessandosi ad altre gestioni di acquedotti e tutto questo pensava di farlo lavorando in proprio per non limitarsi ad una sola realtà, come era accaduto finora. Aggiunse che, pur lavorando per conto proprio, restava sempre a loro disposizione, grato per l’ottimo trattamento ricevuto e per l’esperienza fatta.
Decise di anticipare una nuova proposta che valutava facilmente attuabile e molto vantaggiosa per l’acquedotto. Si trattava adottare pompe a pressione variabile di esercizio nella rete.
Il direttore si mostrò interessato. Mario fece rilevare che l’esercizio, da sempre, consegna l’acqua all’utenza in maniera inutilmente più costosa e perciò errata. Senza spiegare in dettaglio i particolari egli precisò che i risultati, soprattutto economici sarebbero stati eclatanti ma comportavano profonde trasformazioni nella costituzione degli impianti e nelle modalità di esercizio e pertanto richiedevano una progettazione accurata sulla egli quale stava studiando i particolari.
A questo punto il direttore si impegnò a dare a Mario l’incarico dell’esecuzione del progetto, augurandogli che questa sostanziosa commessa lanciasse il nuovo studio di ingegneria idraulica di Mario.
L’aver percepito il suo primo incarico da ingegnere idraulico libero professionista, oltre che riempirlo di soddisfazione, gli diede il via definitivo ed urgente di aprire il suo studio.