LA GRANDE RICCHEZZA

INTRODUZIONE

La famiglia del conte Altieri fa parte di una discendenza tra le più importanti della regione, non solo dal punto di vista economico, ma soprattutto per il prestigio, da sempre riconosciuto, e dalla saggia gestione dalle loro ingenti proprietà nei settori principali dell’economia come l’industria e l’agricoltura. Si tratta di un nucleo famigliare di prim’ordine, assai raro all’epoca in cui ha inizio la nostra storia, cioè negli anni ‘1950-2000′

La famiglia comprende la moglie del conte, Maria e i tre figli Arturo, Fabrizio ed Alessio. La loro abitazione è un antico castello situato in posizione periferica e dominante la città, attorniato da una immensa campagna, in gran parte di proprietà della famiglia e composta da diversi poderi ognuno munito di casa rurale che è l’abitazione delle varie famiglie addette alla lavorazione dei campi e delle stalle con molte mucche da latte.

I tre figli hanno personalità molto diverse. Arturo, il maggiore, è un appassionato studioso con due lauree ( la prima del 1980) che ha seguito qualificati corsi di perfezionamento in varie parti del mondo. Segue con passione le più importanti attività economiche del padre, comproprietario di alcune aziende bancarie e industrie di costruzioni meccaniche. La sua preparazione comprende anche lo sviluppo della digitalizzazione in tutti i settori, principalmente in quello economico. Tra le sue molteplici mansioni, Arturo segue pure lo studio per il migliore impiego del capitale umano, l’uso dei servizi di internet, l’integrazione delle tecnologie digitali ed i servizi pubblici digitali. Il secondo figlio, anch’egli con due lauree (la prima del 1982), è appassionato di agricoltura e quindi aiuta il conte nell’amministrazione e conduzione intelligente, anch’essa basata sulla digitalizzazione del vasto patrimonio agricolo. Risaltano ad esempio gli studi sulla realizzazione delle così dette fattorie verticali, sui sistemi di coltivazione sviluppati in ambiente controllato ecc. Di queste e di molte altre innovazioni, i due fratelli fanno continui accenni al padre il quale, senza voler entrare nei dettagli, nel vedere quanto i figli si impegnano, sente aumentare il suo entusiasmo per la famiglia e per il continuo contributo al suo immenso patrimonio.

I vecchi genitori erano molto contenti dei due figli maggiori, per la loro serietà e per la loro proficua dedizione agli affari di famiglia. E ancora più contenti lo sono stati quando Arturo, dopo un lungo fidanzamento, si sposò nel 1985 con una brava ragazza del tutto simile a lui sia per quanto riguarda gli studi, il raffinato comportamento e la passione per le cose belle e importanti. Si stava specializzando nel settore della neurologia di cui era appassionata. Il secondo figlio era fidanzato con un’altra brava ragazza che invece era appassionata di arte, stava per laurearsi in storia dell’arte ed era determinata ad approfondire, con tutti i mezzi possibili, sia in Italia che all’estero, questo argomento, a lei molto caro.

LE PREOCCUPAZIONI PER IL TERZO FIGLIO CHE SI SENTE ABBANDONATO

Le cose non andavano altrettanto bene per tutto ciò che riguardava Alessio, l’ultimo figlio. Fin da giovanissimo si rivelò ribelle e rifiutava gli insegnamenti perché papà e mamma avevano trasferito la sua educazione, come del resto avevano fatto anche con i primi due, a personale di fiducia ben preparato, ma che, per la giovane mentalità del ragazzo, non possedevano le qualità dei veri genitori, godute invece dai suoi compagni di scuola. Fin dalle elementari il ragazzo frequentava le famiglie di altri ragazzi, dove constatava quanto era diversa e migliore la loro vita, anche se non benestanti, mentre lui era costretto a trascorrere le giornate sempre con persone di servizio che, sia pur brave e all’altezza del delicato compito, non provavano un vero affetto per lui, anche a causa della sua scontrosità ed innata irrequietezza. Alle scuole superiori gli studi andarono ancora peggio. Non riusciva ad appassionarsi a nessuna materia e a nessun insegnante.

Aveva addirittura cominciato a frequentare amicizie del tutto particolari che approfittavano della sua ampia disponibilità di denaro per avviarlo sempre di più verso una vita dai più svariati piaceri.

Sia i genitori che i fratelli, sempre immersi negli affari, trascurarono il fratello più piccolo e quando finalmente si resero conto della situazione, oramai era troppo tardi e, praticamente, il ragazzo era completamente staccato dalla loro vita.

UNA IMPORTANTE RIUNIONE DI FAMIGLIA

Dopo il matrimonio del secondo figlio, organizzarono nel 1991 una riunione di famiglia durante la quale il Conte tracciò quello che nel suo intento sarebbe stato l’assetto futuro dell’intera ed accresciuta famiglia, in considerazione anche dell’enorme patrimonio posseduto e che aumentava giorno dopo giorno grazie alla geniale e moderna collaborazione dei due figli maggiori.

Durante la riunione, mentre era chiara la posizione dei due maggiori, destava seria preoccupazione quella di Alessio che, proprio in quella sede, comunicò apertamente quale era la vita che intendeva intraprendere. Espresse il suo convinto disprezzo per la mania inconsulta di mettere davanti a tutto l’interesse economico della famiglia, una priorità che egli detestava con tutto il cuore. Secondo lui, la vita era fatta per essere goduta e questo intendeva fare, allontanandosi per sempre da casa. Chiese, se fosse possibile, essere liquidato di quella parte di capitale che secondo loro gli sarebbe spettata e con la quale si riprometteva di fare grandi viaggi e dorati soggiorni nelle più belle località del mondo. Se invece non gli avessero riconosciuto nulla, affermò che intendeva entrare nella compagnia degli amici che, pur non essendo benestanti, riuscivano ugualmente a condurre il tipo di vita che egli desiderava, e che si sarebbe gettato a corpo morto in attività che in quel momento offrivano varie occasioni come quella di fare il modello nel campo dell’abbigliamento o dello sport, o in qualche altra attività che gli avrebbe permesso di vivere alla giornata e comunque in modo del tutto diverso da quello impostogli finora, da lui tanto aborrito.

Queste dichiarazioni colpirono negativamente ogni componente della famiglia. Nonostante la cocente delusione, il Conte dichiarò che intendeva ripartire l’enorme sostanza della famiglia fra tutti e tre i suoi figli, ma ponendo una precisa condizione: la suddivisione sarebbe avvenuta solo dopo la sua morte. Si espresse in questo modo nella speranza che nel frattempo Alessio, abbandonato il progetto “eversivo”, gli consentisse di vedere formarsi la terza delle tre famiglie che egli sognava. In particolare, aveva seri dubbi che Alessio potesse avere un giorno dei figli in grado di perpetuare la prestigiosa dinastia. A quel punto il figlio se ne uscì con una dichiarazione assai strana ed imprevista. Conoscendo da tempo la principale preoccupazione del padre e i dubbi che nutriva nei suoi riguardi, affermò che aveva già provveduto ad effettuare la crioconservazione dei suoi spermatozoi per cui in qualunque momento futuro i suoi congiunti avessero trovare un utero in affitto, utilizzando quegli spermatozoi, avrebbero avuto un suo figlio tanto desiderato. La notizia scosse ancora di più tutti i presenti, i quali, venendo a sapere che era un’operazione già fatta, non furono in grado di improvvisare nessuna obbiezione ma soltanto di accettare che, se questo era il suo desiderio, in una materia così personale, era giusto che fosse solo lui a decidere.

Quello che sentirono fece l’effetto ad una bomba che tramortì l’intera famiglia. Non sapendo cosa obiettare, rimasero tutti zitti, lasciando libero Alessio nelle sue scelte.

LA VITA SPENSIERATA DI ALESSIO, IL TERZO FIGLIO

Poco tempo dopo Alessio, incassata dal padre una discreta somma di denaro, donatagli per permettergli di sostenere le prime spese, si allontanò definitivamente da casa.

Per un paio d’anni rimase in Italia, al seguito di compagnie dedite al divertimento più sfrenato, reso possibile dal denaro che il Conte continuava a elargirgli nella speranza e nell’attesa che il ragazzo rientrasse in famiglia. Non fu così anche perché nel frattempo Alessio si era invaghito di Carmen, una ballerina cubana che, saputo della fortuna che avrebbe ereditato, gli dimostrò tanto attaccamento da riuscire a convincerlo a cambiare vita, cominciando con il girare il mondo per finire con lo stabilirsi a Cuba dove, disponendo di molto denaro, poteva condurre una vita da gaudente. Fu così che i rapporti con la famiglia si ridussero alla sola richiesta di denaro, accompagnata dal ringraziamento e dalla dichiarazione secondo cui stava realizzando i suoi sogni. I messaggi continuarono regolarmente per alcuni anni per poi diradarsi sempre di più finché, dopo un decennio, nessuno seppe più nulla di lui.

Alessio continuava a godersi la vita assieme a Carmen, compagna ormai fissa, che ad un certo punto espose il suo desiderio di avere un figlio. Si trattava senza dubbio di una possibilità intravista da Carmen per stabilire un solido legame, come quello di un figlio riconosciuto da Alessio, per ottenere una ricca fetta di eredità. Ma egli rifiutò nel modo più assoluto di diventare padre, anzi, colse l’occasione per informare Carmen del deposito fatto nell’ospedale italiano dei suoi spermatozoi con i quali i suoi famigliari avrebbero potuto, a loro esclusiva discrezione, avere un discendente erede. Carmen fu talmente contrariata dal rifiuto che sconvolgeva il suo piano, al punto da cambiare totalmente il suo modo di vivere, ma soprattutto l’immagine del compagno che non era più il ricco ereditiere.

Però non riusciva a rinunciare al sogno che aveva cullato per tanti anni. Continuava a fantasticare per escogitare un piano che le permettesse di raggiungere la ricca eredità. Tentò in tutti i modi per riuscire ad avere un figlio da Alessio, ricorrendo a tutte le sue capacità seduttive, senza però riuscirci.

IL RICORSO ALLA INSEMINAZIONE ARTIFICIALE MANTENUTA SEGRETA

Allora cominciò a considerare seriamente un’alternativa: restare incinta utilizzando gli spermatozoi conservati nella casa di cura italiana. Si mise in contatto con un amico in Italia che, in cambio di un lauto compenso, si sarebbe impegnato a studiare il modo di eseguire, anche in violazione di qualche disposizione di legge e con la complicità di compari italiani, l’agognata inseminazione artificiale. Insomma, la cosa risultava perfettamente fattibile e anche in tempo relativamente breve mentre per Carmen la situazione era più complicata, perché Alessio non collaborava. Era pertanto necessaria la sua eliminazione fisica, un’operazione che, nell’ambiente malfamato dell’isola, si poteva eseguire con una certa facilità.

Fatto sparire Alessio, Carmen si recò nel piú beve tempo possibile in Italia per l’inseminazione artificiale e poi se ne tornò a Cuba dove trascorse i mesi di gravidanza. La vicenda richiese un tempo più lungo del previsto soprattutto a causa di iniziali difficoltà nella riuscita dell’inseminazione artificiale per cui venne a mancare una delle regole necessarie per far apparire che la nascita di Fabio rientrasse entro il tempo necessario perché Alessio apparisse come padre naturale a seguito di una gestazione ed ad un parto naturale di Carmen senza dover rendere nota la verità dell’inseminazione artificiale. Infatti Alessio era stato assassinato nel 1956 mentre Fabio era nato due anni dopo nel 1958. Vedremo come nell’ambiente cubano vengono risolti con una faciloneria incredibile.

Nel frattempo, la vita della nobile famiglia italiana continuava senza alcun problema, escluso il fatto che di Alessio non si sapeva più nulla.

IL DECESSO DEL CONTE E L’APERTURA DELLA SUCCESSIONE DEI SUOI BENI

Pochi anni dopo, nel 2000 muoiono il Conte e solo alcuni mesi dopo, anche la vecchia madre.

Avutone notizia, Carmen, per passare “all’incasso”, doveva escogitare qualcosa per rendere credibile la faccenda del figlio, Fabio, che ormai aveva tre anni compiuti. Ma Alessio era stato assassinato nel 1996, oltre un anno prima della nascita del bambino. Le date, se conosciute, avrebbero inficiato l’intera vicenda, in quanto avrebbero evidenziato che Alessio non poteva essere il vero padre naturale del bimbo che quindi non avrebbe avuto titolo per ereditare: s’imponeva un piccolo ritocco!

All’arrivo della notizia dei decessi, Carmen fece inviare dal suo avvocato una raccomandata in cui annunciava, con la sua innata indifferenza a sostenere il falso, che Alessio era morto nel 1998, come risultava dalla fotografia allegata nella quale era ritratta la lapide posta sulla tomba del cimitero dove era stato seppellito. La lettera conteneva anche la fotografia di Fabio, il bambino di tre anni, il quale, pur non essendo stato legalmente riconosciuto , risultava tuttavia essere figlio di Alessio sulla base delle allegate analisi del dna del bimbo e di alcuni minuti frammenti di Alessio, come pezzettini di pelle e dei capelli, analisi che, venne dichiarato, potevano esser rifatte in qualunque momento, prelevando gli elementi necessari direttamente dal bimbo mentre quelli relativi ad Alessio risultavano sicuramente rintracciabili direttamente nella casa paterna oppure dagli stessi fratelli, essendo consanguinei. Viste le documentazioni, l’avvocato dichiarava che Fabio, figlio di Alessio, nato nel 1958 godeva del pieno diritto di ereditare la quota del patrimonio famigliare dei nonni scomparsi.

L’arrivo della lettera provocò nei fratelli Altieri un grande sconcerto; assieme al dolore per la perdita del fratello, anche se aveva sempre procurato solo preoccupazioni alla famiglia e continuava a darne anche dopo morto. Contemporaneamente però, la notizia dell’esistenza del figlioletto fu subito gradita e, anzi ritenuta preziosa, perché in qualche modo compensava la lunga assenza di Alessio.

LA VISITA E GLI ACCERTAMENTI FATTI A CUBA

La prima cosa fatta dai due fratelli fu un viaggio immediato a Cuba per visitare la tomba del fratello dove vollero accarezzare il marmo con la sua fotografia e sue date di nascita e di morte. Quindi incontrarono per la prima volta Carmen, la compagna del loro fratello, ma rimasero colpiti dall’atteggiamento freddo e scontroso da lei assunto, volendo fin da subito far capire che per lei sussisteva uno stato di belligeranza, necessario per ottenere da loro tutto quello che lei avrebbe preteso a favore del figlio. Quando i due fratelli erano partiti dall’Italia, immaginavano di trovare al loro arrivo a Cuba , un incontro commovente, un contatto affettuoso che avveniva fra parenti colpiti dalla comune disgrazia. Invece l’episodio conservò una pacifica freddezza che colpì profondamente l’animo nobile dei due fratelli, inducendo loro cupe sensazioni.

Istintivamente si sentirono attratti da quel piccolo essere nel quale vedevano una importante parte del fratello, sì, a suo tempo discolo e ribelle, ma che avevano pur sempre amato e per il quale sentivano di aver mancato, non avendolo capito a sufficienza e non avendo fatto abbastanza per aiutarlo a risalire la china lungo la quale era scivolato.

Più tenero e gradito fu l’incontro con Fabio che consideravano un vero nipote e quindi si prodigarono fin da subito per avvicinarlo con atteggiamenti il più possibile famigliari.

In Fabio parvero riconoscere le sembianze di Alessio, l’amato fratello, sfortunato nel temperamento, ma mai davvero cattivo. Nel vedere quel figlioletto, provarono dolorosi rimpianti per quello che forse non avevano fatto per Alessio e temettero di ripetere lo stesso errore, anche con quello che figurava essere suo figlio. Nella settimana che trascorsero a Cuba più che approfondire il percorso fatto da Alessio, cercarono di conoscere il bambino per il quale provavano già dell’affetto.

I CONTROLLI A POSTERIORI

Tornati a casa, lo stato delle cose per niente chiaro. li indusse a verificare l’autenticità e la successione degli eventi. A tale scopo organizzarono delle riunioni di famiglia allargate alle mogli ed ai legali che facevano parte dell’organico aziendale. In primo luogo, stabilirono assolutamente necessario verificare come stavano veramente le cose, a partire dalle circostanze dell’improvvisa morte del fratello e tutti gli avvenimenti avvenuti nel corso del lungo periodo trascorso da Alessio a Cuba.

In queste riunioni ritornava immancabilmente l’argomento Fabio, il bambino per il quale continuavano a sentire un affetto sempre crescente, vedendo in lui l’occasione di risarcire Alessio per l’emarginazione vissuta, senza mai dimenticare quanto il padre buonanima desiderasse che la dinastia avesse il seguito delle tre famiglie, comprendendovi anche quella di Alessio.

Alla fine, per una buona riuscita delle indagini, decisero di affidare le ricerche ad un investigatore privato di chiara fama come Artemisio, ben noto in molte parti d’Italia per i successi conseguiti in situazioni spesso molto complesse.

L’INCARICO DI ARTEMISIO

L’investigatore, ben conoscendo la fama della famiglia Altieri e l’ingente ammontare della posta in gioco, accettò di buon grado l’incarico, proponendosi farlo con il massimo impegno per svelare tutti gli aspetti poco chiari della vicenda.

Iniziò dalla lettera spedita da Cuba, dall’avvocato di Carmen.

Poi, ascoltate le informazioni fornite dai fratelli circa la vita dissoluta di Alessio e il gelo con cui furono accolti a Cuba, Artemisio decise di partire dalla fine per risalire poi indietro nel tempo, onde definire quanto più fosse possibile, la successione dei fatti.

Arrivato a Cuba, iniziò a verificare l’unico dato certo in suo possesso, cioè la data di morte di Alessio. La lapide sulla tomba diceva che era avvenuta nel 1998. Accertato questo elemento, Artemisio si recò nei vari Enti che avrebbero potuto chiarire com’era avvenuta la morte.

Questa ricerca richiese un particolare impegno che diede modo all’astuzia e al suo acume di spaziare in diversi settori. La sua prima impressione, assai negativa, riguardò il sistema di archiviazione dei dati dell’anagrafe civile, della polizia sia municipale che statale, di quella sanitaria. Di ogni altro settore. La gestione era svolta con metodi antiquati ed era basata esclusivamente sulla compilazione a mano di documenti cartacei, le cui copie formavano autentiche montagne nei locali destinati alla loro archiviazione.

Artemisio indagò presso i vari uffici del Comune, negli archivi degli ospedali e delle case di cura ed infine in quelli della polizia municipale e statale alla ricerca di notizie relative alla vita, alla salute e alla morte di Alessio, partendo dall’unico dato in suo possesso, l’anno della morte, ma non trovò alcuna indicazione.

Alessio non compariva in nessuno degli archivi consultati.

Artemisio analizzò a fondo il problema, ponendosi diversi interrogativi e formulando varie ipotesi. Poteva trattarsi di un semplice errore di omissione delle annotazioni cartacee, oppure della sottrazione abusiva dei dati ad opera della locale organizzazione malavitosa, magari su richiesta di Carmen chissà a quali loschi scopi. Insomma, si trattava di un errore casuale oppure era stato deciso ad arte di indicare un anno della morte diverso da quello reale, che era il dato di partenza di tutte le ricerche? La possibilità che qualcuno avesse intenzionalmente falsato questo elemento sembrava impossibile ad Artemisio anche perché, in questo caso, sarebbe stato facile far emergere la verità. A questo punto gli risultava molto probabile che la procedura più sicura sarebbe stata la sparizione delle registrazioni manuali che riguardavano Alessio. Senz’altro questo era, come già detto, il modo più sicuro per tenere nascosta chissà quale macchinazione, ma appariva impossibile da attuare. Così come appariva inverosimile la cancellazione in tutti i registri di tutte le istituzioni.

Tra le varie ipotesi prese in considerazione, quella che Artemisio poteva verificare immediatamente, anche se ritenuta altamente improbabile, era quella della modifica truffaldina della data di morte di Alessio.

Artemisio decise di verificare scrupolosamente la lapide direttamente in cimitero. Recatosi presso la tomba con una lente di ingrandimento esaminò attentamente la scritta e si accorse di un fatto straordinario. Operando con pazienza ed una cura magistrale, qualcuno aveva modificato la scritta incisa nel marmo della lapide, una modifica praticamente invisibile ad occhio nudo. Una mano ignota e paziente aveva mirabilmente trasformato l’ultima cifra dell’anno di morte, il sei, facendola diventare un otto. Artemisio scoprì che Alessio non era affatto morto nel 1998. bensì due anni prima e cioè nel 1996, pertanto aveva capito che non poteva essere il padre di Fabio che era nato nel 1997, cioè oltre un anno dopo la morte del presunto padre.

Stabilita la data corretta, ritornò negli uffici del Comune dove trovò che Alessio figurava regolarmente nella lista dei morti dell’anno 1996. Lo stesso accadde all’ospedale dove risultò che Alessio era stato ricoverato nel 1996 dopo un grave incidente automobilistico, in seguito al quale morì.

Giunto a questa punto, Artemisio, convinto di aver in mano la soluzione, tornò in Italia ben sapendo che c’era un’altra fase da affrontare per riuscire a dimostrare che era in corso una vera e propria truffa perpetrata da una Carmen, già ballerina per molti anni in Italia e persona che, durante la visita dei fratelli a Cuba, aveva dato una pessima immagine di sé. Secondo Artemisio bisognava accertare l’attendibilità dei documenti presentati a riprova della paternità di Alessio e quindi pretendere nuove analisi dei due dna per verificare se Fabio fosse veramente un discendente della famiglia.

I fratelli di Alessio e l’avvocato di Carmen accettarono di procedere secondo lo schema suggerito da Artemisio. Il confronto tra i due dna doveva aver luogo a Cuba dove si poteva agevolmente procedere al prelievo nella casa di Carmen di qualche piccolo residuo organico di Alessio, come ad esempio un capello o macchie di sangue per poi confrontare il dna con quello di Fabio.

Vennero fatti questi controlli e, cosa incredibile, fu confermata l’esatta corrispondenza tra i due dna, a riprova di quanto sostenuto da Carmen, e cioè che Alessio era il vero padre di Fabio.

Di fronte a questo risultato davvero inaspettato, Artemisio restò costernato.

Però la sua lunga esperienza lo consigliò di restare saldo nella sua convinzione secondo cui era stato sicuramente organizzato un brutto imbroglio e questa sua sicurezza la trasmise ai due fratelli, pregandoli di rinvangare il passato di Alessio, considerando anche gli avvenimenti più insignificanti e a lungo dimenticati. Ad un certo punto Arturo si ricordò che un giorno il fratello aveva comunicato, durante una assemblea famigliare, di aver depositato in ospedale il suo liquido seminale con il quale era possibile ricorrere, in qualsiasi momento, all’inseminazione artificiale per ottenere un suo figlio.

Questa notizia fece capire all’investigatore che Carmen, tramite le sue conoscenze italiane, era sicuramente riuscita ad ottenere la fecondazione artificiale con il seme di Alessio.

Lo scostamento delle date però era un fatto assolutamente determinante, perché la legge italiana dispone che per comprovare una paternità si può ricorrere alla prova del dna, però dimostrando l’esistenza del padre al momento dell’inseminazione.

Nel nostro caso il padre era morto oltre un anno prima, e questo elemento costituiva la prova dirimente.

Durante lo svolgimento del processo, nel quale, si non figurava per nulla l’inseminazione artificiale, risaltò una prova decisiva e la sentenza dichiarò l’impossibilità di riconoscere Alessio, pur se convivente con la madre Carmen, come padre naturale per il semplice motivo che, nel momento del concepimento. Alessio era già deceduto La sentenza del tribunale comprovò il dolo di Carmen per l’alterazione della data di morte sulla lapide.

La successione del patrimonio ereditario si chiuse con il passaggio dell’intera proprietà divisa in parti uguali tra i due fratelli, mentre nulla venne assegnato a Fabio considerato il frutto di un’azione truffaldina.

L’ottimo lavoro di Artemisio ancora una volta aveva smascherato una perfida macchinazione e impedito un ingente furto e aveva permesso di chiarire il tipo di paternità di Alessio: illegale e procurata per scopi esclusivamente venali, anche se dimostrata autentica dal dna.

A questo punto la storia sembrava conclusa, ma i nobili sentimenti dei due fratelli suggerirono e li condussero alla più felice delle conclusioni.

CONCLUSIONE FINALE

A processo favorevolmente ultimato i due fratelli non si sentivano sereni e non riuscivano a scordare il ragazzino del quale ogni tanto parlavano ricordando le intenzioni paterne riguardanti il proseguimento della dinastia nobiliare, a cui teneva tanto. In particolare, ricordavano la famosa riunione nella quale il Conte aveva stabilito che i successori dovevano essere tre, tant’è vero che lo sfortunato Alessio, prima di scomparire, aveva deciso di depositare in ospedale il suo seme per consentire alla famiglia di realizzare tale obbiettivo.

È vero: è stato organizzato un terribile inganno per appropriarsi di una bella quota del patrimonio, una truffa che solo il bravo Artemisio ha saputo smascherare, ma nessuno ha mai pensato al piccolo Fabio, un bimbo che, è certamente il frutto del concepimento predisposto da Alessio, con quella sua inaspettata iniziativa.” Questo era il tenore delle riflessioni che tormentavano i loro animi e dominavano le loro conversazioni, dopo la sentenza del tribunale.

E continuavano: E’ stato accertato che il dna del bambino corrisponde al nostro e questo fatto non possiamo ignorarlo”. Ad un certo punto il più anziano disse: Se fosse vivo nostro padre, non lo abbandonerebbe ed anche noi dobbiamo fare qualcosa seguendo il suo esempio” Cominciarono subito con il ripristinare un buon rapporto con Carmen, e le procurarono un alloggio nei pressi del loro castello dove poter vivere assieme al figlio Fabio.

L’affetto per Fabio cresceva giorno dopo giorno perché, vedevano che Alessio, in qualche misura, riviveva in quel bambino. Lo accolsero perciò in casa loro, facendolo studiare e trattandolo come fosse un loro figlio. Dopo la morte di Carmen, avvenuta improvvisamente, constatato l’ottimo profitto scolastico e il bel carattere del ragazzino, assolutamente assomigliante al loro, Arturo decise di adottarlo, perché Fabio avrebbe validamente sostituito il rimpianto fratello scomparso.