LA CHIAVE DELLA CASSAFORTE

INTRODUZIONE

La famiglia del conte Altocorso era costituita da una larga parentela ed un insieme di grandi possedimenti terrieri e delle prime industrie sorte in Italia. Egli era il più giovane della serie di fratelli e, al momento della nostra storia, era rimasto solo nel vero senso della parola. I suoi fratelli erano tutti deceduti da tempo e le famiglie dei figli, sia per i dissapori sorti a seguito della spartizione tra eredi della immensa eredità, sia per questione di salute, per le migrazioni in altri continenti ed infine per disavventure che si ritengono di nessun interesse per il racconto, era rimasto veramente solo nel vecchio palazzo famigliare dove viveva con un nipote, figlio del suo primogenito anch’egli deceduto. Questo nipote era rimasto con il nonno per una motivazione la quale, in linea puramente teorica, era quella di assistere il nonno piuttosto anziano ma nella pratica era dovuta alle difficoltà che il ragazzo aveva sempre incontrato per intraprendere e soprattutto svolgere ognuno degli impegni che gli erano stati proposti. Infatti a scuola si rifiutava di seguire le lezioni e di studiare. Nelle varie materie atte ad esperire un’esperienza lavorativa di qualunque genere egli dimostrava non tanto una difficoltà fisica o mentale ma invece una sua contrarietà totale che lo spingeva soltanto verso quei divertimenti che la disponibilità economica prima della famiglia e poi del nonno gli hanno sempre messo a disposizione. In conclusione Alfredo, questo il suo nome, non aveva imparato nessuna professione né alcun lavoro manuale o intellettuale avendo passato i suoi anni nel pensare solo al divertimento puro e semplice. Però c’era un passatempo che gli piaceva tanto da convincerlo, del tutto erroneamente, che quello fosse un lavoro nel vero senso della parola. Si trattava dell’enigmistica e cioè dell’impegno pieno ed assoluto di risolvere enigmi di tutti i tipi dove egli, oltre che appassionato, dimostrava una bravura esemplare. In particolare era la categoria dei calcoli enigmatici che lo prendeva in toto. Quando i giornali del settore presentavano dei veri e propri problemi algebrici, egli si metteva all’opera per un tempo lunghissimo e non si fermava fino a quando non fosse riuscito a trovare la soluzione matematica.
Il conte aveva anche quattro dipendenti costituiti da persone maschili e femminili aventi il compito di gestire il palazzo e l’alimentazione del conte e di suo nipote ed in primis dal fattore che seguiva tutta l’economia dell’azienda e prima di tutto i mezzadri che coltivavano i poderi muniti ognuno di propria casa di abitazione per la famiglia contadina e che un tempo erano di proprietà del conte. Egli da quest’ultimi ritraeva i lauti guadagni che gli avevano consentito di mantenere il palazzo e di condurre una vita dispendiosa sia personalmente sia nella figura del nipote piuttosto dissoluto nullafacente .
Oltre al palazzo di famiglia al conte erano rimaste alcune grandi proprietà agricole e dei pacchetti azionari di grandi società sparse in diversi stati, il tutto seguito scrupolosamente dal fattore.
Il conte, al momento della morte improvvisa della moglie avvenuta una decina di anni prima della data della storia, preso dallo sconforto per la dispersione di tutta la parentela, aveva venduto tutte le proprietà ed anche il pacchetto azionario trasformando il suo intero capitale in semplici depositi di due distinte banche. Egli conduceva la sua vita usufruendo degli interessi, il tutto seguito come al solito dal suo fattore/amministratore che gli evitava qualunque preoccupazione, discussione/decisione. Questi, al venire a mancare la gestione delle proprietà agricole, aveva perso gran parte dei suoi impegni gravosi e, visto che la sua attività era diventata del tutto secondaria, aveva più volte proposto al conte di liquidarlo con quello che gli spettava per i lunghi anni di gravoso lavoro, affinché potesse aprire un’attività in proprio che gli avrebbe dato quella soddisfazione che la sua attuale dipendenza dal conte aveva cancellato. In questo senso non si era mai arrivati a nessuna conclusione per la assoluta apatia che aveva preso il conte in tutto il suo operato.

Il nipote che viveva con il conte si era profondamente assuefatto a questa vita nel benessere che cadeva dal cielo senza alcun intervento di lavoro utile .
Avendo numerosi amici egli usava magnificare loro la sua fortunata condizione che essi invece giudicavano severamente come qualcosa di irreale, di incredibile ed in ogni caso destinata a crollare in quanto ritenuta inconciliabile con la normalità degli anni correnti. Egli aveva fatto cenno al nonno di queste convinzioni che giravano nel suo ambiente. Gli aveva spiegato che una tendenza continuamente crescente era quella di un grandissimo deficit economico dell’intera società italiana, deficit per la cui copertura si discuteva sempre di più ritenendo indispensabile usufruire del capitale degli italiani più ricchi. La cosa cominciò a turbare i pensieri del nonno che constatava come il suo rilevante capitale depositato in banca non avesse più una sufficiente garanzia di durata, prova reale la continua diminuzione di valore venale nel mentre calava sempre di più l’utile che ogni mese gli veniva versato dalle banche. Ad un certo punto il nonno conte pensò di chiedere ad alcuni conoscenti del suo stesso rango, benestanti che vivevano nella sua stessa maniera, cosa pensassero di questo problema. Venne così a conoscenza che tutti avevano provveduto ad intraprendere operazioni economiche che richiedevano molto impegno ma garantivano un certo introito e, pagate le relative tasse, davano una discreta garanzia sul loro futuro. In conclusione questi nobili della sua stessa classe sociale, asserivano che nella moderna società non esisteva più, in nessun settore, un utile puro da capitale e cioè che soltanto dall’impegno personale si potesse ritrarre un beneficio economico. Ma quello che lo spaventò oltremodo fu il sentir confermato che il grande deficit italiano potesse essere destinato a salvarsi esclusivamente falcidiando, più o meno legalmente, una consistente parte delle ingentissime somme che privati benestanti avevano depositate in banca.
Tutto l’insieme delle cattive notizie, col passare di un lungo tempo, fu confermato dallo stremo cui era ridotta l’unica fonte di denaro che consentiva al conte di tirare avanti il suo menage familiare. La disastrosa vicenda stava impressionando il conte Altocorso il quale, nel suo sorpassato modo di ragionare, cominciò ad odiare queste banche che non gli garantivano più la sicurezza dei suoi ingenti capitali che egli aveva loro consegnato proprio per quella sicurezza che a suo tempo gli era stata garantita. Il conte si stava convincendo di dover agire subito con un intervento che gli dava quella sicurezza che non garantivano più le banche. Gli tornava assiduamente in mente quella che in tempi andati era stata una sua fissazione e cioè che la ricchezza vera consistesse solo in quei beni che si trovassero posizionati in nessun altro posto che non fosse la propria casa dove egli poteva vederli da vicino, toccarli con mano e, per una vera sicurezza estrema, conservarli personalmente proprio a casa sua dove nessuno poteva toccarli o rubarli come sembrava voler fare incredibilmente lo stesso stato italiano. La trasformazione di tutta la sua ricchezza in un bene reale e sicuro , nella sua idea fissa, veniva idealizzata sulla base di un oggetto ben definito ma che, pur se piccolissimo di dimensioni, era facilmente ed in maniera sicura conservabile per garantire la sicurezza di valore : il diamante.

LA RIVOLUZIONE DEI BENI

La trasformazione dei suoi beni in diamanti era sempre sempre stato il pallino fisso del conte Altocorso ed ora, nel momento di pericolo, egli si sentiva tutto contento e sicuro di tornare alla sua mitica convinzione e decise quindi di ricorrervi effettivamente.
Nella sua mente vedeva già delle scatole piene di diamanti di diversa grandezza e forma ma tutti di altissimo valore e, una volta stivati in una sicura cassaforte piazzata e stabilmente ancorata ai muri della casa, posti al sicuro da qualsiasi svalutazione. Egli confidava veramente che con il passar degli anni il valore dei diamanti, come era accaduto per il passato, invece di diminuire come stava accadendo per i suoi depositi bancari, sarebbe andato via via aumentando ferma restando per sempre la possibilità di usufruire di questa aumentata ricchezza alienandola in qualche modo.
Detto e fatto il conte cominciò a prendere contatto con gioiellieri per valutare la disponibilità di diamanti nel mentre intrattenne dei contatti per l’acquisto di una cassaforte a prova di ladro e di incendio.
Riguardo a questo egli si preoccupò molto del sistema di chiusura e, non fidando affatto delle comuni chiavi, chiese fosse studiata una tipologia particolare. Gli fu subito risposto che una ditta aveva appena brevettato un sistema digitale il quale permetteva l’apertura tramite una password cioè una parola chiave da introdurre con apposita tastiera e che cambiava ogni giorno e pertanto, anche nel caso egli venisse spiato quando usava la chiave, il successivo uso della stessa parola chiave non apriva affatto la cassaforte. La password valida si doveva ridefinire ogni volta seguendo delle regole facilissime che gli sarebbero state spiegate al momento dell’acquisto.. Oltre tutto il sistema di quella cassaforte registrava in memoria digitale tutte le aperture fatte ed anche la parola chiave usata il ché poteva servire per tenere sotto controllo la cassaforte anche via internet.
Alla fine il conte prese la decisione definitiva e comprò la cassaforte con il nuovo tipo di apertura e di digitalizzazione nell’esercizio . Provvide a chiudere tutti i suoi depositi o investimenti bancari e, man mano che ne incassava gli importi, provvedeva a comprare diamanti e soltanto diamanti, convinto come era che quelli fossero il solo elemento che rappresentava e costituiva in realtà la vera ricchezza indistruttibile.
Da vero paperon dei paperoni di tanto in tanto il conte si divertiva a comporre la nuova chiave ed aprire la cassaforte per osservare bene le scatole di diamanti allo scopo essenziale di provare la soddisfazione di avere lì davanti agli occhi una ricchezza favolosa, bellissima a vedersi nei riflessi lucenti delle pietre preziose. Soprattutto ogni sua ispezione aveva uno scopo preciso, essenziale : quello di fissare nella sua mente e soltanto in quella, poiché voleva diffidare di qualsiasi mezzo come appunti cartacei oppure di quella diavoleria moderna che era il sistema digitale, fissarsi ben in mente la consistenza fisica della montagna di diamanti ricordando a memoria il loro .livello di altezza all’interno delle varie scatole dove li aveva egli stesso introdotti man mano che li aveva acquistati.
Nei mesi seguenti alla sistemazione dei diamanti.il conte effettuava delle aperture della cassaforte per prelevare un diamante per venderlo e realizzare il denaro necessario per vivere.

Da rilevare come molti dei diamanti acquistati fossero dei pezzi unici per i quali il fornitore, al momento della vendita, aveva promesso di comunicare al conte gli eventuali aumenti che avrebbero potuto presentare occasioni di smercio molto convenienti. . Questo fatto diede modo al conte di passare un paio d’anni con propria e vera soddisfazione poiché tutta l’operazione diamanti si dimostrava , come da lui sempre agognato , una sua convenientissima decisione per la semplice ragione che egli si era sempre limitato a cedere soltanto i pezzi che erano aumentati di valore.

Fatti dei conti approssimativi gli risultava che durante quei primi due anni, da quando aveva praticato quella sostanziale trasformazione del suo grande capitale, egli aveva mantenuto se non aumentato il valore totale del suo possedimento pur avendo sostenuto come al solito le rilevanti spese di sussistenza e di manutenzione ordinaria del palazzo.

LA DELAZIONE AL NIPOTE ALFREDO

Durante tutta l’operazione di trasformazione dei suoi consistenti capitali, il conte aveva dato una semplificata spiegazione al nipote delle sue decisioni e questo, dichiarandosi pienamente d’accordo con lui, si era tanto raccomandato sulle possibilità di scasso o comunque di apertura della cassaforte facendo rilevare a gran voce al nonno che quella cassaforte conteneva un capitale enorme ed inoltre che era determinante il fatto che dalla cassaforte e dal suo contenuto dipendeva tutto il benessere e addirittura la sopravvivenza della famiglia anche se composta da solo due persone.
Il conte tranquillizzò il nipote ripetendo le assicurazioni a sua volte ricevute dalla ditta ditta fornitrice, assicurazioni del tutto sicure poiché l’apertura non dipendeva, come era di norma in passato, da una o più chiavi. Nel caso in oggetto l’apertura risultava condizionata ad un sistema digitale in base al quale per aprire la porta si doveva ogni volta ridefinire la nuova parola chiave in maniera intelligente e tale che, anche nel caso qualcuno avesse spiato e rimanesse in possesso della parola chiave precedentemente usata, egli non avrebbe potuto aprire la cassaforte se non con una diversa pass. Il nipote si dichiarò soddisfatto e fiducioso nella garanzia reale.

IL GENIALE INTERVENTO DEL NIPOTE ALFREDO

Subito dopo aver così discusso con il nonno conte riguardo la chiave della cassaforte, il nipote Alfredo appassionato come era dei giochi enigmistici soprattutto di quelli matematici, si scervellava per ore ed ore nel domandarsi a che invenzione digitale fosse dovuta tutta quella garanzia di sicurezza. Il dubbio lo tormentava continuamente ed egli non riusciva proprio ad immaginare nulla.
La sua curiosità diventava sempre più pressante tanto che un giorno, venuto a conoscenza che il nonno si adoperava ad aprire la cassaforte per il suo sistematico controllo, fece in modo di spiarlo mentre operava sulla tastiera della cassaforte e, senza essere visto riuscì a conoscere la parola chiave usata.
Aspettò qualche giorno e quindi fece un tentativo di apertura anche se sapeva dell’insuccesso che avrebbe fatto seguito. Da quel giorno la sua curiosità diventava sempre più forte e continuava a chiedersi come poteva fare per scoprire l’arcano. A quel punto pensò al calcolo enigmatico ed allora lesse più volte di seguito nei settimanali di enigmistica la procedura del calcolo che egli riusciva facilmente a risolvere.
In quel modo si accorse che quei giochi divertenti erano basati sulla ripetizione di un’ampia fila di equazioni numeriche studiate in modo da avere tutte una caratteristica comune e che era quella che egli usava per arrivare al risultato. Si convinse che c’era un solo modo per venire a scoprire l’arcano della parola chiave del nonno. Per farlo doveva cioè conoscere almeno tre numeri chiave diversificati.
Con la pazienza del caso egli seguì le mosse del nonno e, come aveva fatto la volta precedente, per altre tre giornate alternative riuscì a copiare la parola chiave usata.
Scritte le tre pass una sotto l’altra su un foglio di carta cominciò ad esaminarle ma riuscì a capire che la parola chiave era totalmente basata sul momento di esecuzione dell’apertura della cassaforte. Egli comprese che tale momento preciso era conosciuto sia dal nonno e sia dall’intelligenza artificiale della cassaforte e quindi il sistema era in grado di controllare la validità della chiave sulla base del valore matematico del momento di azione.
Questa convinzione gli derivò dal fatto che ognuna delle tre pass valide che egli possedeva erano composte da due numeri che non erano né più ne meno che il giorno preciso del mese. Tale numero era seguito in due modi o dalla parolina “fes” oppure da quella “fer”. Chiaramente si trattava di una altro elemento chiarissimo e cioè feriale o festivo a seconda della realtà di quel giorno. La terza parte della pass, cioè quella iniziale poteva avere due definizioni in maiuscolo : “ANTE” oppure “POST”. E questo indicava chiaramente se l’apertura fosse praticata di mattino (ANTE) oppure di pomeriggio (POST). Infine la parte finale che consisteva nella paroletta “PRIMA” indicava se quella in corso fosse la prima apertura della giornata.
Giunto a questo punto il nipote Alfredo era in possesso di tutte le regole per comporre la parola chiave necessaria per aprire la cassaforte. Essendo alla sua massima felicità, egli architettò una procedura avente soltanto lo scopo di dimostrare al nonno quella cosa che premeva moltissimo anche a sé stesso e consistente nel grandissimo pericolo che stava correndo il suo enorme deposito di diamanti.
Egli infatti aspettò il giorno in cui il nonno era assente da casa e, entrato nella stanza della cassaforte e chiusa ermeticamente la porta per non essere disturbato, compilò in quattro e quattro otto la parola chiave usando ANTE perché stava agendo di mattina seguita dal numero 19 che era la data del mese poi mettendo a destra “fer” perché quello era un giorno feriale ed infine aggiungendo “PRIMA” per il motivo che era quella la prima apertura della giornata. In conclusione la parola chiave da usare era ANTE19ferPRIMA con la quale a porta si aprì ed egli prelevò dieci grossi diamanti e poi richiuse la porta sempre usando quella parola chiave.
Al ritorno del nonno egli gli chiese quando poteva avere un appuntamento molto riservato con lui. Spaventatissimo dell’iniziativa, che gli risultava molto sorprendente, il nonno provvide immediatamente a fissarlo. Il nipote chiese solo un momento per andare nella sua camera a prendere un oggetto. Quando si chiusero nell’ufficio del nonno il nipote estrasse una scatoletta che mise sopra il tavolo dicendo al nonno di aprirla egli stesso. Il nonno si affrettò a farlo e rimase allibito vedendo ben dieci dei suoi splendidi diamanti brillare sopra la sua scrivania.
Il nipote gli disse. Ora nonno devi lasciarmi spiegare. Quella volta che mi hai comunicato la tua intenzione di modificare la posizione del tuo enorme capitale io ti feci presente l’importanza della tua cassaforte segnalando che da essa dipendeva addirittura la sopravvivenza della nostra famiglia. Tu mi rispondesti che la cassaforte aveva tutte le garanzie. Io ora ti dimostro con dati di fatto che la cassaforte può essere facilmente violata facendo sparire tutto il contenuto da parte di alcuni ladri esperti. Io ti ho reso i tuoi diamanti invitandoti a provvedere perché, senza che ti spieghi come, ma purtroppo la cassaforte è stata da me violata al solo scopo di dartene una dimostrazione. Detto questo voglio dirti anche che ho deciso di cambiare vita e di approfittare subito per tornare a scuola perché ho capito che senza un po’ di cultura non si va avanti ma dopo sarò pronto a continuare la tua opera amministrando bene il tuo capitale. In questo senso vorrei cominciare e darò un mio consiglio. Io vedo sciupato il tempo del nostro fattore e amministratore e sono a conoscenza che egli ti avrebbe chiesto di metterlo in libertà per le altre sue prospettive mentre noi possiamo così diminuire le nostre spese mensili . . Io ti consiglierei quindi ci licenziarlo fin da ora.

Al sentire queste parole del nipote il conte Altocorso rimase molto soddisfatto e terminò con questa frase: ero sicuro che il sangue blù della nostra nobile famiglia alla fine trionfasse. Darò a mio nipote le redini di guida di tutti i miei beni perché se lo merita.

IL FINALE

Una fine decorosa del racconto riguarda il rimedio da apportare alla cassaforte. il cui modernissimo sistema di sicurezza contro il furto si era dimostrato cosi fallace da far correre al conte Altocorso il pericolo di trovarsi ridotto alla povertà totale e da indurlo quindi ad una decisione drastica che egli prese quanto prima comunicandola al nipote Alfredo nel seguente modo . Caro nipote tuo nonno per mettere in salvo il suo patrimonio ha rinunciato a tutti i favolosi sistemi moderni tornando al metodo antico di accumulo in casa di preziosi che in questi due anni hanno fornito ottimi risultati dimostrando il fallimento del moderno sistema economico visto che banche e stato mi avrebbero reso povero. La stessa cosa è accaduta con la cassaforte modernissima e che invece di tenere il mio capitale al sicuro, avrebbe offerto a ladri qualificati di ridurmi al lastrico. A questo punto non mi resta che continuare ad abbandonare ogni altro tipo di modernità e ricorrere a metodi tradizionali e quindi cambierò la cassaforte con una di tipo antico che per l’apertura sia munita di due chiavi in ferro una per mé ed una per te e noi potremo tornare ambedue a dormire sonni tranquilli conservando sotto il cuscino ognuno la propria chiave.