CONFINE ED USUCAPIONE

INTRODUZIONE

Maria è proprietaria di un terreno avuto per successione del padre. Si tratta di un antico vigneto dal quale i suoi antenati ricavavano tutto il vino necessario per i molti componenti la famiglia di agricoltori. Di successione in successione il vigneto era giunto sino a lei avendo però cambiato fondamentalmente la coltura che vi viene praticata. Infatti le viti di cui da molti anni nessuno si occupava per potarle e sistemarne i filari dotati di lunghi fili di ferro sui quali i le ramificazioni delle viti avrebbero dovuto di anno in anno essere strettamente legate tramite le cosiddette “sache” che erano nient’altro che rametti di salice molto flessibili. Col passare degli anni le viti, lasciate totalmente allo stato selvaggio, erano in un primo tempo aumentate di estensione della ramaglia per poi soffrire della mancata manutenzione fino al punto di dover via via essere sradicate per far diventare tutto il terreno un ampio prato d’erba verde la cui manutanzione si limitava soltanto ad un paio di falciature all’anno.

IL CONFINE DI PROPRIETA’

In quei tempi i confini della proprietà erano definiti sul posto dai cippi consistenti in piccole pietre infisse nel suolo con la parte appuntita rivolta verso l’alto in modo da fissare con buona approssimazione il confine stesso. Nel caso specifico della proprietà di cui si discute, L’effettivo abbandono per diversi decenni in cui si era venuto a trovare il terreno, oltre a consentire la distruzione totale del vigneto, aveva accusato anche la sparizione dei cippi che indicavano sul posto ed in maniera precisa il limite di proprietà nel lato ovest dell’appezzamento che costituirà il confine con il nuovo proprietario di cui si dirà più avanti. Di conseguenza la proprietà era definita dal limite di falciatura effettuato dai due confinanti di solito non contemporaneamente. In pratica al momento della falciatura si provvedeva al taglio di tutta l’area verde fino al limite della falciatura precedentemente effettuata dal confinante.

UN NUOVO PROPRIETARIO

Quello che costituisce la ragione vera del presente racconto è il fatto che il terreno agricolo confinante era stato da poco tempo, venduto ad un nuovo proprietario il quale dopo aver letto nel contratto notarile l’ammontare dell’area acquistata ne aveva effettuato la misura constatando che non c’era corrispondenza tra superficie comprata e quella effettivamente misurata che risultava molto inferiore. Ha quindi deciso di far riportare in loco e da un tecnico qualificato il confine di mappa che risultava l’unico elemento allora disponibile per il controllo planimetrico di quanto acquistato.
E’ da precisare che, stando alle leggi italiane tuttora vigenti, i confini di mappa non hanno alcuna validità probatoria della proprietà ed infatti possono essere utilizzati per eventuali verifiche di confine soltanto quando non esistono altri elementi di prova. Non è cosi in altre nazioni. Per esempio in Austria il catasto è probatorio e quindi in quel caso gli elementi catastali possono essere usati anche per i controlli della proprietà. In Italia invece valgono le altre leggi anche se spesso si è convinti che la mappa catastale individui la realtà delle cose.
Nell’esecuzione effettiva della citata operazione topografica è risultata una grande differenza tra il confine di mappa ed il limite di possesso di ambedue i proprietari da cui sarebbe risultato che Maria, la nostra protagonista, usufruiva di terreno parzialmente non suo e che pertanto il limite fino al quale veniva normalmente falciata l’erba avrebbe dovuto essere arretrato.
La cosa è finita per provocare un grave dissenso con il nuovo acquirente. Ambedue le parti , essendo in animata discussione, avevano delle motivazioni da ritenersi valide. Maria dal lato suo era certa di aver sempre coltivato la terra fino al confine effettivo sempre posseduto da suo padre e dai suoi antenati i quali addirittura vi coltivavano il vigneto dal quale ricavare tutto il vino necessario per la famiglia. Lei poteva fornire, per confermare la sua posizione, la testimonianza del personale che per anni ed anni aveva tagliato l’erba secondo il limite già descritto. Come seconda prova di possesso avrebbe anche potuto effettuare degliscavi per rinvenire qualche radice dei filari di viti che un tempo esistevano. Si trattava però di un’operazione piuttosto complessa poichè non esisteva modo di ubicare l’antico tacciato dei filari di viti e pertanto Maria si è ben guardata dall’ effettuare quella ricerca anche se avfrebbe costituito una prova certa di possesso .
A sua volta il nuovo proprietario dichiarava che il confine catastale dimostrava che la sua nuova proprietà andava ad occupare parte del terreno attualmente usato da Maria come risultava dalle misurazioni eseguite da un tecnico. Egli avvalorava, con molta convinzione, il fatto che la superfice dell’area acquistata in metriquadri e riportata nell’atto notarile regolarmente stipulato e registrato era molto inferiore a quella reale del terreno. A nulla servivano le dichiarazioni che anche quel dato in metriquadrati e riportato nel contratto faceva parte dei dati catastali aventi caratteristica non probatoria.

L’AZIONE GIUDIZIARIA

Dall’insieme di elementi controversi e prima descritti, si capisce la difficoltà che incontravano i due confinanti per un componimento bonario del dissidi percui il nuovo acquirente del terreno confinante ad ovest della proprietà di Maria, decise di ricorrere al tribunale per chiedere che venisse riconosciuto il nuovo confine e che egli potesse entrare in regolare prossesso della relativa fascia di terreno ora occupata da Maria e che egli stesso riteneva aver regolarmente acquistato.
Maria, nelle numerose udienze del tribumale, obbiettava che lei aveva sempre coltivato quel terreno che proveniva dai suoi antenati sempre con gli stessi confini. Lei pero’, invece di utilizzare le prove certe già indicate commise l’errore di richiedere che , in subordine il tribunale le riconoscesse la fetta di terreno contestata in base alla legge riguardante l’usucapione da lei favorevolmente attuata.
Come noto la relativa legge recita quanto segue ; se una persona occupa un bene altrui per un periodo di almeno 20 anni ne diventa proprietario per usucapione.
Fu questa la motivazione per cui Maria chiese al giudice almeno di assegnare la proprietà in base a questa legge relativa all’usucapione commettendo così un errore tanto grave da farla risultare perdente del procedimento giudiziario in corso. Infatti la sentenza definitiva condannò Maria a cedere al confinante la striscia di terreno definita sul posto dal tecnico in quanto Maria con la richiesta di usucapione aveva effettuato una autodenuncia di aver “ occupato per oltre 20 anni un terreno altrui “ dando quindi fufficiale affermazione che tale striscia di terreno era di fatto proprietà del confinante visto e considerarto che lei essa la aveva abusivamente coltivata per un ventennio allo scopo di ricavarne il possesso per usucapione. Tutto questo risultava da sue effettive e ripetute dichiarazioni. Essendo lo scopo della causa in corso precisamente la definizione di proprietà esistente , ne risultava che detta parte di terreno che forma ufficialmente l’oggetto della causa stessa, è di proprietà del confinante. Stabilito questo si giudica valido il confine di mappa visto il disposto di legge in base al quale “ quando non sussistono altri elementi di prova si deve considerare la mappa”. La sentenza è definitiva. Nel caso si voglia avanzare la richiesta di usucapione è necessario procedere ad un procedimento giudiziario specifico.

CONCLUSIONI

La conclusione è chiara. Nel corso di trattative importanti si devono definire con la massima attenzione le modalità di comportamento limitando la discussione agli argomenti certi senza sovrabbondare aggiungendo elementi supplementari e non necessari per non finire in problematiche inutili ed alla fine dannose.